Si è tenuta lunedì presso la sala Giunta della Provincia di Fermo la conferenza stampa di presentazione della IX edizione del Premio letterario nazionale Paolo Volponi – letteratura e impegno civile (SCARICA LA BROCHURE) che si apre giovedì 15 novembre a Fermo e si snoda fino a sabato 1 dicembre, con eventi che avranno come palcoscenico i comuni di Urbino, Altidona , Monte Urano, Monte Vidon Corrado, Porto Sant’Elpidio, Porto San Giorgio e Sant’Elpidio a Mare.

Come hanno sottolineato l’Assessore alla Cultura della Provincia di Fermo Giuseppe Buondonno ed il Presidente Fabrizio Cesetti, quest’edizione è particolarmente ricca di eventi; di rilievo sono inoltre le numerose collaborazioni con diverse realtà del territorio oltre che con Urbino e Ivrea, “luoghi più direttamente volponiani che ne consolidano il rilievo nazionale”.

A Urbino, il 24 novembre, si terrà il convegno internazionale di studi dedicato a Paolo Volponi “Il ritorno del trauma. Le apocalissi di Volponi” a cura di Emanule Zinato - che avrà luogo il 24 novembre ad Urbino, al Teatro Comunale “Sanzio”, ore 10 - a cui parteciperanno Romano Luperini, Francesco Muzzioli, Gabriele Fichera, Salvatore Ritrovato, Daniele Giglioli, Alfonso Berardinelli, Igor Tcheoff ed Umberto Piersanti.

Dalla collaborazione con l’Associazione Archivio storico Olivetti nasce la mostra “Il bene e il bello sociale Il valore del modello Olivetti nei servizi sociali”, che sarà inaugurata venerdì 16 novembre a Fermo a Villa Vitali, alle ore 18. L’esposizione illustra attraverso foto, documenti, manifesti, filmati e pannelli descrittivi l’ampiezza dei servizi sociali proposti dalla Olivetti; servizi sociali sempre accompagnati da un forte impegno aziendale in tutti campi della cultura, dentro e fuori dell’azienda, al punto che la piccola città di Ivrea venne un tempo definita “la nuova Atene d’Italia”.

Altro aspetto messo in risalto è il legame di questa edizione con la città di Bologna, dove il premio è stato presentato alla stampa la scorsa settimana presso la libreria Coop Zanichelli.

Verrà assegnato il Premio “lettere ed arti” a Francesco Guccini per aver speso, come artista e come cittadino, tanti anni della sua vita ed un grande talento per mantenere viva, in molte forme, la coscienza critica, lo spirito di libertà e di giustizia nella società italiana; per aver contribuito, in musica, in versi ed in prosa, all’educazione sentimentale e civile di intere generazioni. Altro nesso con Bologna, nel ricco programma del Premio, è la proiezione del docufilm “Non mi avere convinto - Pietro Ingrao un eretico” di Filippo Vendemmiati, che introdurrà la proiezione assieme all’Onorevole Aldo Tortorella. Sarà assegnato il Premio Cultura e Impresa alla cooperativa MaxMan, esempio virtuoso di grande capacità artistiche e professionali nel campo del cinema italiano, nella produzione di lungometraggi, documentari, pubblicità e videoclip, di riconosciuta fama nazionale, che ha sempre mantenuto un rapporto vitale con Fermo e il territorio marchigiano e che ha una propria sede anche a Bologna.

Non ultimo il legame con Stefano Tassinari, che del Premio Volponi è stato il fondatore, a cui verrà dedicato un ricordo nell’ambito della serata finale, sabato 1 dicembre, in un incontro che avrà come ospiti Wu Ming 1 e Marcello Fois.

A Tassinari è inoltre dedicato il Premio Opera Prima, istituito quest’anno, che verrà assegnato ad Alessandra Sarchi, autrice del romanzo “Violazione” (Einaudi).

Come ha sottolineato Angelo Ferracuti, giurato tecnico del Premio, questa manifestazione continua ad avere lo stesso spirito con cui l’aveva “pensato” Stefano Tassinari - che in anni non sospetti ha ideato questo premio dedicandolo alla letteratura e all’impegno civile, allora cosa non scontata. “Questo premio - ha sottolineato ancora Ferracuti - è diverso dagli altri premi che si svolgono nel nostro paese, che guardano al mercato, e può vantare una certa attenzione nazionale. I libri vincitori sarebbero piaciuti anche a Volponi”.

Terracarne” (Mondadori) di Franco Arminio, “Il naufragio” (Feltrinelli) di Alessandro Leogrande e “Città distrutte” di Davide Orecchio sono stati scelti dalla giuria tecnica composta da Massimo Raffaeli (critico letterario, collaboratore di “TTL La Stampa” e saggista), da Emanuele Zinato (curatore delle opere di Volponi edite da Einaudi e docente di Teoria della letteratura e Letterature comparate all'Università di Padova) e dagli scrittori Enrico Capodaglio, Angelo Ferracuti e Massimo Gezzi.

Com’è connaturato nello spirito del Premio, il cui compito è quello di monitorare la letteratura che affronta tematiche sociali e civili, comprese quelle in termini di memoria storica, anche quest’anno eventi, convegni, mostre, documentari e spettacoli in programma sviluppano temi sociali e civili, in sintonia con l’opera letteraria di Paolo Volponi, uno degli scrittori italiani del secondo Novecento che, più di altri, ha affrontato nei propri scritti tali argomenti.

La giuria popolare, composta da 100 giurati tra lettori forti, studenti medi degli Istituti scolastici della Provincia di Fermo e dell’Università di Macerata, giornalisti della stampa locale ed alcuni altri designati dalla Coop Adriatica, decreterà il super vincitore sabato 1 dicembre a Porto Sant’Elpidio, al Teatro delle Api a partire dalle ore 21,30.

La rassegna si svolge, inoltre, in collaborazione ed in contemporanea con “Redattore Sociale”, seminario di formazione per giornalisti a partire dai temi del disagio e delle marginalità, in programma dal 30 novembre al 2 dicembre presso la Comunità di Capodarco di Fermo.

In cartellone segnaliamo alcuni appuntamenti: tra questi lo spettacolo con Moni Ovadia e Lucilla Galeazzi “Cantavamo, cantiamo, canteremo – canti per l’uguaglianza”, accompagnati da Paolo Rocca al clarinetto, Fiore Benigni all’organetto e Fabrizio Cardosa agli strumenti a corde, che andrà in scena venerdì 16 novembre a Monte Urano al Cine-teatro Arlecchino, alle ore 21; l’omaggio a Joyce Lussu “Capelli al vento” del Teatro Stabile delle Marche-FabricaTeatro-Nova Associazione-Studio Potëmkin con Rosetta Martellini, voce recitante, e le musiche originali di Andrea Mei a cui si potrà assistere domenica 18 novembre a Fermo all’Auditorium San Martino, a partire dalle ore 18; mercoledì 21 novembre, alla Sala dei Ritratti di Fermo, sarà proiettato il documentario “Luigi Di Ruscio” di Luana Trapè e Diego Marzoni.

Per gli altri eventi in cartellone rimandiamo al programma in allegato.

 

INFO:

www.premiopaolovolponi.it

 

I LIBRI

 

FRANCO ARMINIO Terracarne (Mondadori)

"La paesologia è una via di mezzo tra l'etnologia e la poesia. Non è una scienza umana, è una scienza arresa, utile a restare inermi, immaturi. La paesologia non è altro che il passare del mio corpo nel paesaggio e il passare del paesaggio nel mio corpo. È una disciplina fondata sulla terra e sulla carne. È semplicemente la scrittura che viene dopo aver bagnato il corpo nella luce di un luogo." La paesologia è la scienza di Franco Arminio. Una scienza inafferrabile eppure concretissima, umorale ma a modo suo esatta. Una disciplina in cui si fondono poesia e geografia: la poesia di una scrittura limpida e visionaria, lavorata col puntiglio e la cura propri della grande letteratura; la geografia del nostro Sud. Arminio gira per i paesi della sua Irpinia, per quelli della Lucania e della Daunia (i paesi invisibili) e della cintura napoletana (i paesi giganti), sconfina in Molise, in Abruzzo, in Salento, si allontana fino alle Marche e al Trentino, e ovunque applica il suo metodo, mette in pratica il suo particolare modo di attraversare i territori e di raccontarli. Il suo sguardo non trascura nulla: le piazze, le strade, i bar, i cimiteri, i paesaggi più sublimi e gli scempi della modernità, lo sfinimento e la desolazione, i lampi e gli slanci. Ne viene fuori un referto preciso e accorato della situazione del Mezzogiorno d'Italia. Un referto che - e questa è una delle singolarità del "metodo Arminio" - prevede annotazioni anche su chi la visita la fa: sull'autore stesso e il suo io errante. E la diagnosi è spietata, però mai cattiva, lucida e al tempo stesso utopica. Perché i luoghi marginali, i paesi più appartati, che Arminio ha eletto come nessun altro a luogo di indagine e di ispirazione, sono anche quelli dove si può meglio immaginare un nuovo modo di abitare il mondo, prendendo atto una volta per tutte che il centro è rotto e non ha visioni del futuro. Con questo libro mite e appassionato, Arminio sembra dirci che se il Sud una volta era oppresso dai "galantuomini", adesso va difeso dalla congiura dei deboli che hanno deciso di affossare l'innocenza e conservare l'avarizia, di taglieggiare l'immaginazione e tutelare la sfiducia. La paesologia diventa allora anche una nuova forma della politica, un modo di resistere allo sgretolamento del presente e di prepararsi al furore del tempo venturo.

Franco Arminio è nato e vive a Bisaccia, in Irpinia d'Oriente. Ha pubblicato Viaggio nel cratere (Sironi 2003), Circo dell’ipocondria (Le Lettere 2007), Vento forte tra Lacedonia e Candela (Laterza 2008, premio Napoli), Nevica e ho le prove (Laterza 2009), Cartoline dai morti (Nottetempo 2010, premio Dedalus), Oratorio bizantino (Ediesse 2011), oltre a sei raccolte di versi.

È anche documentarista e animatore di battaglie civili, come quella contro l'installazione di una grande discarica sulle alture del Formicoso. Di recente è uscito con Deriveapprodi un film sul suo lavoro intitolato Di mestiere faccio il paesologo.

Collabora con diverse testate locali e nazionali come "il manifesto", "Il Mattino" di Napoli, "Il Corriere del Mezzogiorno" e sulla rete anima il blog della paesologia "Comunità provvisorie" http://comunitaprovvisorie.wordpress.com/

 

ALESSANDRO LEOGRANDE Il Naufragio (Feltrinelli)

"Il naufragio della Kater i Rades costituisce una pietra di paragone per tutti gli altri naufragi a venire, non solo perché è stato l'esito delle politiche di respingimento e dell'isteria istituzionale che le ha prodotte. Non solo perché i termini della questione oggi sono i medesimi. Non solo perché, con totale cinismo o somma indifferenza, una forza politica di governo continua a parlare di blocchi navali nel Mediterraneo. Il naufragio della Kater i Rades è una pietra di paragone, perché, a differenza dei molti altri avvolti nel silenzio, è possibile raccontarlo."

Alle 18.57 del 28 marzo 1997 una piccola motovedetta albanese stracarica di immigrati, la Kater i Rades, viene speronata da una corvetta della Marina militare italiana, la Sibilla. In pochi minuti l'imbarcazione cola a picco nel Canale d'Otranto. È la sera del Venerdì Santo. I superstiti sono solo 34, i morti 57, in gran parte donne e bambini, 24 corpi non verranno mai ritrovati. È uno dei peggiori naufragi avvenuti nel Mediterraneo negli ultimi vent'anni. Ma soprattutto è la più grande tragedia del mare prodotta dalle politiche di respingimento. La guerra civile albanese, che infuria da settimane, spinge migliaia di uomini, donne e bambini a partire verso le coste italiane in cerca della salvezza. La crisi del paese balcanico fa paura. In molti in Italia alimentano il terrore dell'invasione e prospettano la necessità del blocco navale. Così, tre giorni prima del naufragio, il governo italiano vara delle misure di controllo e pattugliamento nelle acque tra i due Stati che prevedono anche il ricorso a procedure di "harassment", ovvero "azioni cinematiche di disturbo e di interdizione". Prima dello scontro, la Sibilla insegue la Kater i Rades per un tempo che agli uomini e alle donne sulla carretta appare incredibilmente lungo. Il processo per accertare le responsabilità dell'accaduto è lunghissimo. Le indagini vengono ostacolate e intralciate, alcune prove scompaiono o non vengono mai recuperate. Alla fine, gli unici responsabili del disastro risultano essere il comandante della Sibilla e l'uomo al timone della Kater. Intanto in Albania, i sopravvissuti e i parenti delle vittime creano un comitato per ottenere giustizia. Alessandro Leogrande ha indagato a lungo sul naufragio del Venerdì Santo: ha incontrato i sopravvissuti e i parenti delle vittime, i militari, gli avvocati, gli attivisti delle associazioni antirazziste e ha girato per le città e i villaggi dell'Albania da cui sono partiti i migranti.

Alessandro Leogrande (Taranto 1977) è vicedirettore del mensile "Lo straniero". Cura una rubrica settimanale sul "Corriere del Mezzogiorno" e collabora con quotidiani e riviste, tra cui "Saturno", inserto culturale de "il Fatto Quotidiano". Dopo l'esordio con Un mare nascosto (L'ancora del Mediterraneo 2000), un'inchiesta sulla sua città d'origine, stretta fra crisi industriale, inquinamento e ascesa del telepredicatore Giancarlo Cito, Alessandro Leogrande ha raccontato con reportage narrativi le nuove mafie, i movimenti di protesta, lo sfruttamento dei braccianti stranieri nelle campagne: Le male vite. Storie di contrabbando e di multinazionali (L'ancora del Mediterraneo 2003; nuova edizione Fandango 2010); Nel paese dei vicerè. L'Italia tra pace e guerra (L'ancora del Mediterraneo 2006); Uomini e caporali. Viaggio tra i nuovi schiavi nelle campagne del Sud (Mondadori 2008, con cui ha vinto il Premio Napoli – Libro dell'Anno, il Premio della Resistenza Città di Omegna, il Premio Sandro Onofri, il Premio Biblioteche di Roma). Ha curato le antologie Nel Sud senza bussola. Venti voci per ritrovare l'orientamento (L'ancora del Mediterraneo 2002, insieme a Goffredo Fofi) e Ogni maledetta domenica. Otto storie di calcio (minimum fax 2010).

 

DAVIDE ORECCHIO Città distrutte (Gaffi)

Un regista sovietico in esilio, una desaparecida argentina, un'intellettuale romana solitaria, un giornalista siciliano tra fascismo e comunismo, un bracciante molisano, un diplomatico tedesco: ogni personaggio una "città distrutta" dal potere, dall'autorità dello Stato, della politica e dei totalitarismi. Percorsi esistenziali che avrebbero voluto essere diversi ma che, interrotti e contrastati da una storia collettiva calendarizzata da altri, non si compiono e non toccano la felicità. L'opera rielabora e accresce il genere biografico mescolandolo alla finzione. Le fattezze di ciascun ritratto sopravvivono come un calco alla sua matrice, fino a sembrare biografie: ma è tutto rubato! Sono echi, repliche di originali, biografie fittizie ispirate a vite effettive. Ogni ritratto muove da fonti edite o materiali d'archivio, fatti accaduti e documentati, ma va oltre la semplice ricostruzione. Sintomo di questa doppiezza sono le stesse citazioni: opere e autori menzionati a volte sono reali, più spesso di fantasia che legittimano in un qualche modo una narrazione a metà fra realtà e finzione.

Davide Orecchio, giornalista professionista, nato nel 1969 a Roma, dove vive e lavora. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Storia della società europea all'Università degli Studi di Milano. Ha pubblicato diversi racconti per Nuovi Argomenti e Nazione Indiana.

E’ direttore di un sito d’informazione, rassegna.it e gestisce un paio di blog personali (davideorecchio.wordpress.com sullasfalto.blog.rassegna.it)

 

ALESSANDRA SARCHI “Violazione” (Einaudi)

Un imbroglione dei nostri giorni. Brutale, simpatico, irresistibile. E letale. Una famiglia perfetta, disponibile a farsi ingannare, pur di realizzare il suo sogno di benessere. Un senso di minaccia che cresce di pagina in pagina.

Alessandra Sarchi mette a nudo le nostre ipocrisie, la nostra voglia di illuderci, credendoci implacabilmente buoni. Mentre alimentiamo la ferocia che cova nel cuore malato della nostra normalità.

La Sarchi è nata a Reggio Emilia nel 1971, vive a Bologna. Ha compiuto studi di Storia e critica d'arte, ha vissuto e lavorato negli Stati Uniti. Violazione è il suo primo romanzo.