La necessità di promuovere un’equilibrata conciliazione tra vita professionale e vita familiare è uno dei temi cruciali che animano il dibattito relativo alla partecipazione al mercato del lavoro. I soggetti interessati sono le lavoratrici e i lavoratori con i loro bisogni, le imprese con le proprie finalità e obiettivi e il territorio con una molteplicità di servizi e risorse.

Nell’intento di favorire la diffusione e il rafforzamento della cultura della conciliazione e al fine di offrire un primo momento di dibattito sul tema, giovedì 31 maggio dalle ore 9 si terrà a Fermo il convegno dal titolo “Conciliazione dei tempi di vita e lavoro: riflessioni, buone prassi e proposte future” a cura dell’Ambito Sociale XIX, coordinato da Daniela Alessandrini, in collaborazione con la Consigliera di Parità per la Provincia di Fermo Barbara Ermini. Il Presidente della Provincia Fabrizio Cesetti e l’Assessore alle Politiche per la Famiglia e le Pari Opportunità della Provincia di Fermo Adolfo Marinangeli porteranno il loro saluto, in aggiunta ad altre autorità del Fermano. L’Assessore ai Servizi Sociali Giuseppe Buondonno relazionerà in materia di immigrati e lavoro.

All’interno del convegno è prevista la relazione a cura della Dott.ssa Monica Mancini sul tema della conciliazione possibile per le donne. Il suo intervento va iscritto in un percorso di informazione e sensibilizzazione, già avviato con la RETE delle Consigliere di Parità delle Marche in tema di politiche di contrasto ad ogni forma di discriminazione di genere. Punto di partenza è la divulgazione dei contenuti della Convenzione CEDAW dell’ONU, il più importante strumento internazionale per la tutela dei diritti delle donne nel mondo.

Il convegno svilupperà il tema della conciliazione sposando una concezione il più ampia e moderna possibile. La conciliazione sarà intesa come una modalità di gestione delle politiche del personale - anche attraverso nuove forme di organizzazione del lavoro - capace di incidere su più piani, tra cui quello culturale, a cui associare un modello di cittadinanza sociale più inclusivo, sensibile alle esigenze delle famiglie alle prese con compiti di cura di minori e/o di altre persone fragili al proprio interno, ma anche al benessere, alla cura di sé e alla valorizzazione delle differenze e specificità dei dipendenti. Poiché l’esito finale, come dimostrato dalla letteratura aziendale più avanzata, è un incremento della produttività e della competitività aziendale, ed anche dell’intero territorio, ben si comprende perché le azioni di sistema e gli interventi debbano essere condivisivi tra tutti i soggetti coinvolti attraverso un attento confronto e il dialogo tra le parti. Il convegno vuol assolvere a queste finalità.

“Pur nella consapevolezza di questa dimensione globale della conciliazione - rimarca Barbara Ermini - come Consigliera di Parità non posso tuttavia non sottolineare che il tema della conciliazione in Italia, più che in altri Paesi, presenta dei forti connotati di genere visto che, come evidenziato nel Rapporto Istat ‘La conciliazione tra lavoro e famiglia’ (2011), la cura dei figli, soprattutto nei primissimi anni di vita, rimane un compito femminile, con conseguenti aggiustamenti nella vita lavorativa (37,5% delle occupate che hanno figli con meno di 8 anni hanno interrotto temporaneamente il lavoro dopo la nascita del figlio più piccolo per almeno un mese, oltre al periodo di astensione obbligatoria). L’assenza è effetto, soprattutto, dell’indisponibilità di servizi di supporto adeguati alle proprie esigenze in termini di costi, orari, vicinanza alla zona di residenza e presenza di personale specializzato. In Italia la condizione di madre si associa a una minore presenza femminile sul mercato del lavoro: tra le 25-54enni madri di bambini/ragazzi coabitanti con meno di 15 anni, le donne attive nel mercato del lavoro sono il 60,6% e quelle occupate il 55,5%, valori significativamente inferiori a quelli delle altre donne di questa stessa fascia di età. Diversamente accade per gli uomini che in presenza di un figlio manifestano, al contrario, un maggior coinvolgimento nel mercato del lavoro (il 90,6% dei padri è occupato, contro il 79,8% degli altri), a conferma del tradizionale ruolo maschile di fornitore del reddito principale della famiglia. Non solo figli, in quanto non di rado sulla donna pesano anche i carichi di cura di adulti malati, disabili o di anziani: le donne sono coinvolte in questo tipo di responsabilità di cura più spesso degli uomini (42,3% contro il 34,5%) e anche per questo risulta più bassa la loro partecipazione al mercato del lavoro. Sembra proprio allora che un primo intervento verso un efficace modello di conciliazione risieda proprio nella redistribuzione dei ruoli tra generi. Solo una diffusa e condivisa rivoluzione culturale, finalizzata al superamento degli stereotipi di genere, può operare come terreno fertile su cui far fruttare i benefici di politiche di supporto alla partecipazione femminile al mercato del lavoro”.

 

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