Uno dei valori che può caratterizzare la funzione di un’esposizione può essere ricercato nel senso di una raccolta di ‘cose’ - nel nostro caso fotografie che hanno valenza culturale e artistica - di varia provenienza e paternità, connesse e rimontate secondo una sintassi diversa per proporre una nuova narrazione, privilegiando l‘attenzione tra significato e significanza. Un proposito intellettuale che vuole emergere dalle riduzioni delle referenzialità, dal puro valore documentale, dall’aspetto biografico e dalla mera celebrazione, rivendicando il valore estetico e semiotico cercando di rendere e comunicare l’esperienza di una “emozione fresca” davanti ad una sollecitazione visiva.

É così che la petite maison des sons et lumières - centro indipendente di ricerca di studio e di divulgazione della cultura dell’immagine vuol rendere funzionale l’approfondimento sulla fotografia e un certo modo di fare storia dell’arte.

A partire dal 28 gennaio, per protrarsi fino al 25 febbraio, nella città di Fermo presso Villa Vitali, verrà allestita una mostra di fotografie intitolata “La luce nelle Marche. 9 fotografi raccontano il loro territorio” (con opere di Mario Carafòli, Lorenzo Cicconi Massi, Ignacio Maria Coccia, Mario Dondero, Ferruccio Ferroni, Riccardo Gambelli, Mario Giacomelli, Eriberto Guidi e Giovanni Marrozzini), a cui è stata inclusa IN-CON-TRAFotografia, con una serie di conversazioni curate e condotte da Danilo Cognigni con relatori esperti di linguaggio fotografico.

Di fondamentale importanza anche le visite alla mostra, programmate, guidate e dedicate, agli studenti delle scuole del territorio fermano.

In occasione dell’inaugurazione (sabato 28 gennaio alle ore 17) interverranno: Danilo Cognigni (Presidente della petite maison des sons et lumieres), Nella Brambatti (Sindaco del Comune di Fermo), Simone Spadoni (Sindaco del Comune di Morro D’Alba), Giuseppe Buondonno (Assessore alla Cultura della Provincia di Fermo), Francesco Trasatti (Assessore alla Cultura Comune di Fermo), Annalinda Pasquali (Assessore alla Cultura del Comune di Porto Sant’Elpidio), Lisa Calabrese (Direttore Artistico dell’evento) e Simona Guerra (Curatrice della mostra).

 

INFO:

tel. 338 3993048

www.petitemaison.it

 

(Fonte: ufficio stampa petite maison des sons et lumières)

 

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INTRODUZIONE ALLA FOTOGRAFIA MARCHIGIANA

(a cura di Simona Guerra)

 

Le Marche sono considerate da più di tre generazioni una “terra di fotografia”. In questa regione, e in particolare attorno a due centri urbani - quali sono Senigallia e Fermo - si sono dapprima formati e poi incontrati molti autori che, in maniera differente, si sono distinti nel tempo per il loro lavoro e per la passione che hanno dimostrato, a vario titolo, nei confronti della fotografia.

Parrebbe un’idea bizzarra, di primo acchito, il credere che un luogo così defilato rispetto ai grandi centri italiani della cultura - quali sono sempre stati Roma, Milano o Torino, per citarne solo alcuni - si sia conquistato, nel tempo, un tale appellativo, soprattutto se conosciamo la quasi totale mancanza di comunicazione e scambio culturale/fotografico di cui le zone più isolate l’Italia hanno fortemente sofferto soprattutto a partire dal secondo dopoguerra.

Pare invece che le Marche abbiano vissuto una storia particolare, per ciò che riguarda la fotografia, perché nel tempo scambi e confronti sono stati numerosi e decisamente molto prolifici.

Il decennio più importante di questa storia rimane certamente quello degli anni ’50 durante i quali sono nate due “scuole” – antitetiche, quanto produttive - riconosciute come tasselli importanti per la comprensione della più ampia storia della cultura fotografica nazionale: a Fermo, attorno alla figura magistrale di Luigi Crocenzi

(1923-1984), nasce nel 1954, e negli anni successivi si sviluppa, l’attività del Centro per la Cultura nella Fotografia, sin dal principio dimostratosi interessato ai legami che il mezzo fotografico poteva instaurare con altre arti quali il cinema, la letteratura, la poesia; a Senigallia, nello stesso anno, su iniziativa dell’intellettuale Giuseppe Cavalli (1904-1961) si forma il Gruppo Misa, un sodalizio di autori che credeva fortemente in una fotografia attenta alla composizione e all’opera come arte, slegata dal discorso sociale e interessata soprattutto alle forme geometriche, alle composizioni grafiche e meno al significato che il soggetto poteva restituire all’occhio dell’osservatore (come il nostro nascente foto-giornalismo italiano stava sostenendo in quegli stessi anni).

E’ con questi significativi stimoli che hanno iniziato il loro “viaggio” molti giovani fotografi appartenenti a una seconda generazione: Ferruccio Ferroni, Riccardo Gambelli, Eriberto Guidi, Romano Folicaldi, ed anche il più grande autore italiano del ‘900, Mario Giacomelli.

Successivamente, seppure in un tempo molto diverso da quello dell’associazionismo tipico del dopoguerra, ovvero attraverso un lavoro condotto in maniera molto più individuale, un’ulteriore generazione di autori seguita oggi qui ad operare nel segno della fotografia.

Autori come Eva Frapiccini, Giovanni Marrozzini, Lorenzo Cicconi Massi, Ignacio Maria Coccia, fra gli altri, stanno mostrando da un lato di aver mantenuto un legame forte e saldo con la tradizione fotografica in cui sono nati e cresciuti, dall’altro, stanno mostrando il loro (necessario) distacco da questa tradizione; un chiaro e sano segno di continuità di cui attendiamo con ansia di conoscere gli sviluppi nel tempo a venire.

E’ ovvio poi il fatto che queste poche righe affermino concetti e trattino solo una parte relativa alla storia della fotografia marchigiana, e che siano molti i nomi dei fotografi e dei numerosi sodalizi che hanno reso (e seguitano a rendere) celebre la storia della fotografia nelle Marche.

 

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PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA

(a cura di Simona Guerra)

 

L’idea di questa mostra nasce dalla convinzione che le Marche siano una regione da generazioni molto attiva e impegnata sul fronte fotografico; impegno che ha nel tempo proposto nuovi autori così apprezzati da far meritare loro un posto d’onore nei più autorevoli testi di Storia della fotografia italiana e internazionale.

Scelti fra i più significativi autori marchigiani, ho voluto rendere omaggio alla mia terra attraverso la magistrale opera di questi fotografi, offrendo al visitatore una rosa di interpretazioni visive ed emotive del territorio tanto diverse fra loro quanto vicine nel comune senso di appartenenza alle Marche.

Tre generazioni di autori che tracciano - in maniera simbolica e tutt’altro che esaustiva - dei precisi segmenti

paesaggistici e interiori e che offrono uno spunto di riflessione alla nostra ricerca di senso e bellezza. Immagini che si aprono nel loro silenzio per accompagnarci tra quiete e contrasti, al di fuori del documento, in noi stessi, tra il cielo e la nostra bella terra.

La cornice espositiva della mostra poi - “partita” da Morro d’Alba, piccolo borgo antico adagiato su una collina nei pressi di Senigallia - non è stata casuale in quanto il ritrovarsi nell'immagine, nel paesaggio stesso, una volta usciti dalla sala espositiva, deve per me rappresentare una parte integrante dell’esperienza della mostra.

Naturalmente il "ritrovarsi" è da intendere anche come riconoscersi, nella propria terra e nell'identità presente, se pur troppo spesso abbandonata tra le abitudini che alterano la memoria; questa è la magia delle immagini scelte!

Il “passaggio del testimone” a Fermo di questa esposizione ora, non può che aggiungere senso alla mostra, dato che i centri di massimo interesse e attività fotografica sono da sempre proprio quello senigalliese e fermano.

Del più noto fra gli autori in mostra, mi piace qui riportare un appunto scritto da Mario Giacomelli sull’importanza della terra nelle sue fotografie.

In queste sue parole egli riesce a esprimere - con semplicità - la mia gioia e fortuna di essere nata in questo meraviglioso luogo: “…A me interessano i segni che fa l'uomo senza saperlo, ma senza far morire la terra. Solo allora hanno un significato per me, diventano emozione. In fondo fotografare è come scrivere: il paesaggio è pieno di segni, di simboli, di ferite, di cose nascoste. È un linguaggio sconosciuto che si comincia a leggere, a conoscere nel momento in cui si comincia ad amarlo, a fotografarlo. Così il segno viene a essere voce: chiarisce a me certe cose, per altri invece rimane una macchia. Mario Giacomelli (dal sito www.mariogiacomelli.it).

 

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PRESENTAZIONE

... È BELLO PROVOCARE UN'ECLISSI SOLLEVANDO UN DITO...

 

La piccola casa di luci e suoni è un luogo-spazio dove la notte le stanze non sono più basse, dove in attesa del giornale potresti metterti a scrivere, dove, dunque, qualcosa è sparito ed esiste prima di ogni cognizione. Dove la tazza, il cerchio, la tenda, il palcoscenico, la sedia, la cornice, il chiodo, il ricordo della gente che entra e passa, tutto insiste come sensazioni provvisorie evidenti, incorporate ed esistenti nel luogo appropriato... sei già troppo sveglio e il dubbio ti assale continuo, puoi essere individuato, descritto.

Un gatto passa e ti ricorda il vicolo, guardi in alto e trovi una forma da ascoltare; la luna... dove i sassi sono inerti e sicuri di decantazione illimitata.

IN CON TRA ... chi è solo conosce la precisione, soltanto fra lo spazio delle parole lo spirito dell'intuizione distacca i segni di significati: forse l'Arte.

Da queste tracce, fatte di evocazioni, di visioni intellettuali, di necessità, di mancanze, di ritrovamenti, emerse il bisogno di relazioni vere e allontanate dall’oggettivazione semplificata di un limitato fare.

Così; intorno agli anni duemila, nella petite maison des sons et lumières nacque quel particolare “formato” espressivo che divenne poi negli anni a seguire un vero e proprio cultivar di incontri convergenti tra suoni parole immagini.

La “piccola casa” iniziò sempre più ad appartenere a quella geografia per cui anni prima fu edificata, il divenire del grande disegno iniziava a manifestarsi, la famosa canzone di Giorgio Gaber trovava anche lì una risposta –Eppure continuando la nostra vita normale si potrebbe capire quello che ci serve che ci è davvero essenziale si potrebbe guardare con un certo distacco quasi sorridendo tutto quello che accade nel delirio del mondo si potrebbe sognare un luogo immaginario e un po' inconsueto un angolo inventato o forse vero.

Per chi preferiva atteggiamenti meno “incantati” e più “asciutti” venne aggiunto: (...), l’espressione IN-CON-TRA presume e implica un concetto che rimanda a qualcosa di dinamico e in divenire. Avverbiando oppure sostantivando gli IN, i CON e i TRA, si può essere condotti a “luoghi”, a “materie”, ad “ambiti”, oppure incontrare “qualcuno” o “qualcosa” in un luogo non esclusivo ma tipico.

In quel continuo di accortezze, nel non voler dare eccessiva fiducia al bellissimo pensare poetico, lasciando aperte tutte le possibili ampiezze fra le sensibilità e le intelligenze di tutti coloro che si sarebbero avvicinati alla “piccola casa,” maturò la volontà di esprimere la profondità del concetto processando talune dinamiche e coniugazioni di sintesi: IN-CON-TRAFotografia; IN-CON-TRACinema; IN-CON-TRAMusica; IN-CON-TRAPoesia; IN-CON-TRAFilosofia; IN-CONTRALetteratura; IN-CON-TRAAntropologia urbana.

In occasione della mostra di fotografie “La luce nelle Marche.9 fotografi raccontano il loro territorio”, IN-CON TRAFotografia si ripropone. Il “luogo del pensiero” chiama di nuovo a raccolta con le stesse logiche e dinamiche con cui fu costruito.

I quattro incontri vorrebbero coltivare ancora “senso” e condivisione, approfondire nell’immaginazione, nella creatività, nell’invenzione, nella fantasia, in un rapporto in cui non ci siano soltanto protagonisti e sponsor, ma piuttosto poli che si attraggono nella forza della conoscenza.

IN-CON-TRA oggi è anche un disegno ideologico, un processo attivo e sistemico basato sull’approfondimento e sul sostegno della vita sociale.

La cultura dell’immagine, non è la cultura dell’immaginario; raccontare di fotografia, relazionare il suo particolare linguaggio con le terre, con le genti, con il tempo e con il paesaggio vissuto, significa anche disegnare ipotesi che vogliono far ragione nel trasferimento delle conoscenze.

Troppo spesso quando si è parlato di fotografia nelle Marche ci si è limitati a questioni locali, a modelli concorrenti basati su valori di notorietà e miticismi; su semplificazioni governate da scontatezze e narcisismi.

La fotografia è un importante linguaggio, e la sua “funzione” non è limitabile all’aspetto documentale e referenziale, il dibattito sulla sua linguisticità e la sua non convenzionalità può offrire riflessioni approfondite sull’assunzione utopica del grado zero della scrittura.

Restando al lato delle usurate dispute sulla fotografia (cioè se essa sia un linguaggio, un segno, o un mezzo), gli incontri vogliono concentrarsi sulle forme e sui sistemi significanti, piuttosto che sui significati, che fanno di una fotografia, come di un qualsiasi altro testo/racconto, un oggetto di senso.

 

Il programma degli incontri

 

Sabato 4 febbraio 2012

CONVERSAZIONE CON MARCO ANDREANI

Le logiche della fotografia nella fermanità; dal referenziale alla funzione interpretativa.

Da Fermo a Senigallia; continuità e punti di non ritorno...

Affrontare un discorso critico sulla fotografia implica un’attenta analisi delle trasformazioni linguistiche che hanno aggiunto, stratificandoli nella successione del tempo, altri elementi non secondari fino al punto di mettere a riposo altri fattori (stilistici, tecnici, espressivi), considerati sorpassati. Investigando a partire da Giuseppe Cavalli, interpolando Luigi Crocenzi, fino a giungere a Mario Giacomelli, per proseguire verso le nuove sponde della fotografia: emerge il coraggio di aver rotto con gli schemi e le convenzioni estetiche, e la volontà di superamento dei limiti locali, spesso circoscritti nel paradosso dell’autoreferenzialità. Un “modo” della fotografia inteso come testimonianza di condizioni reali dell’esistenza, e restituito fino alla costruzione di una presa logica sul mondo, talvolta uscendo dal precetto manualistico per accedere ad una nuova dimensione interpretativa.

 

Sabato 11 febbraio 2012

CONVERSAZIONE CON DANIELE CINCIRIPINI

Considerando la foto come una memoria significata, quanto il processo genetico incide nella ricostruzione di una memoria?

La resa delle immagini su diversi tipi di supporto e sulle tecniche dell’apporto permette di rendere significativa la sostanza dell’espressione e non solo la forma dell’espressione. Ogni fotografia è ciò che resta di una reazione alla luce di un materiale sensibile, di qualcosa che “è stato”. L’obiettivo si immerge nell’intimità stessa della fisionomia, facendo risaltare l’espressione caratteristica di ogni uomo. Ed ecco la “doppia traccia” del sè reso in sovrapposizione, fotografo e soggetto posti di fronte, con impressioni sovrapposte nel medesimo istante, regolate da un livello vibrazionale che vuol condurre al minimo spazio di separazione.

 

Sabato 18 febbraio 2012

CONVERSAZIONE CON ENNIO BRILLI E PACIFICO D’ERCOLI

Metarappresentazione e reportage; ricostruzione o servizio di scrittura documentale oggettiva?

I metodi d’inchiesta, gli strumenti, la direzione ideologicopolitica e l’onestà intellettuale.

Esiste ancora la fotografia, oppure esistono soltanto le immagini? Contenitore o contenuto? Esiste sempre uno scopo nascosto dietro lo scatto? Fotografia di reportage sociale; quale è “la reale connessione” tra immagine e referente? Oggettivo oppure aggettivo? Quale di questi due elementi lessicali dovrebbero caratterizzare la fotografia giornalistica? Il saper vedere oppure il saper guardare? Esiste un’ambiguità fra oggettività e soggettività? Testimonianza o menzogna; quanto la fotografia è strumentalizzata ad hoc dai vari poteri, e quali sono le responsabilità dei suoi operatori? I metodi d’inchiesta, gli strumenti, la direzione ideologicopolitica e l’onestà intellettuale.

 

Sabato 25 febbraio 2012

CONVERSAZIONE CON LUCA BLAST FORLANI E MONICA CAPUTO

I processi di rinnovamento della fotografia documentaria.

Il paesaggio “reale” , la fotografia intesa come confine limite di una lettura che apre la natura temporale dei luoghi.

Il paesaggio non è un “luogo” distaccato, uno scenario dove l’uomo si muove solamente come unità di superficie, esso piuttosto è un insieme di aspetti percepito dagli individui. I terrain vague, sono spazi lasciati all’abbandono, esterni, estranei, aree residuali a margine che appaiono come improvvisi vuoti urbani. Sono luoghi dove ospedali e sanatori, parchi acquatici, cartiere, orfanotrofi, ville, cinema, colonie, campi di concentramento, ecc. sono già stati depredati, danneggiati e talvolta abbattuti. Quando l'uomo abbandona questi luoghi essi cominciano a vivere una vita biologica propria entrando in simbiosi con la natura circostante. E poi tutto si trasforma in altro, come le ossa o il legno o la pietra, cambiano forma, colore e odore, e seguono un ciclo che solo l'uomo può nuovamente interrompere o modificare. Essi ci appaiono come articolazioni menomate delle città funzionali. La fotografia può essere testimone e autrice di una forma letteraria che sa narrare l’effetto dell’indefinito che evolve nel paesaggio contemporaneo e la scena dell’indefinibile per il futuro.

 

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VISITE ORGANIZZATE PER LE SCUOLE

Il Dipartimento Servizi di Integrazione e Sostegno per la Scuola Pubblica della petite maison des sons et lumières oltre alle numerose forme di servizio già attive, comprende coinvolgimenti d’integrazione destinati all’affinamento delle capacità critiche dei bambini e dei ragazzi rispetto alla complessità dei messaggi veicolati.

Nello specifico, l’obiettivo delle visite guidate dovrebbe essere quello di creare un interesse nei ragazzi, che sia già in sé un elemento culturale forte, capace di integrarsi in una formazione complessa, e che va al di là dei diversi settori disciplinari.

A tal proposito, in collaborazione con i dirigenti e gli insegnanti delle scuole medie di Primo e Secondo Grado e Accademie e Università Fermane sono già in corso le attività organizzative per le visite guidate.

La mostra è inoltre corredata dai cataloghi dei fotografi partecipanti, disponibili per la consultazione.

In occasione delle visite guidate è inoltre offerta agli studenti, grazie alla Collaborazione del Comune di Fermo – Assessorato alla Cultura, la possibilità di far visita ai Musei di Villa Vitali: il Museo di Scienze Naturali "Tommaso Salvadori", la Sala della Meteorite "Fermo", il Museo Polare "Silvio Zavatti", il Museo della Pipa “Nicola Rizzi”, e la collezione di apparecchi fotografici “Alfredo Matacotta Cordella”, con biglietto d’ingresso ridotto a euro 2,50.