A pochi mesi dalla morte del grande scrittore, il “Premio Paolo Volponi” e la città di Fermo ricordano Luigi Di Ruscio con una giornata di studi a lui interamente dedicata e programmata per sabato 19 novembre a Fermo alla Sala dei Ritratti. Inizierà con una piccola cerimonia durante la quale il figlio Adrian Di Ruscio, venuto appositamente dalla Norvegia, consegnerà al Sindaco di Fermo Nella Brambatti e all’Assessore alla Cultura della Provincia di Fermo Peppino Buondonno, l’archivio dello scrittore.

Il titolo del Convegno, che avrà inizio alle 10, è “Non possiamo abituarci a morire. La scrittura di Luigi Di Ruscio”, e vedrà la partecipazione di alcuni tra i critici e gli studiosi dell’ultima generazione: Massimo Raffaeli, Andrea Cortellessa, Gilda Policastro, Massimo Gezzi, Andrea Cavalletti, Emanuele Zinato ed Enrico Capodaglio.

Nel pomeriggio, sempre alla Sala dei Ritratti, proiezione del documentario di Alessandro Ansuini e Monika Bortolami “Oslo, Agosto 2010, e presentazione della ristampa del libro “Palmiro” (Ediesse 2011) e dell’inedito “Memorie immaginarie” (Senzapatria, 2011), alla presenza di Carlo Cannella, Massimo Raffaeli e Tarcisio Tarquini, con letture dell’attore Ermanno Pacini.

Autore: Luigi Di Ruscio

Postfazione di: Antonio Porta

A cura di: Massimo Raffaeli

Pubblicato nel: Novembre 2011

Pagine: 224

Si immagini una cittadina delle Marche nell’immediato dopoguerra, Fermo, e si immagini una locale sezione del Pci, fra manovali e contadini, giocatori di carte, comizianti improvvisati, ritratti di Stalin, di Gramsci e del compagno segretario del Partito, Palmiro Togliatti: si immagini infine, là dentro, un proletario adolescente, bocciato dalla scuola fascista che però si proclama poeta, mezzo bracciante e mezzo muratore, ironico e insolente, una specie di Socrate anarchico, da tutti sfottuto e mal tollerato. Palmiro (1986), che torna in libreria dopo decenni di clandestinità, è il romanzo di formazione di uno dei maggiori poeti contemporanei, Luigi Di Ruscio, ed è un libro avvincente, travolgente. Scritto dal basso verso l’alto, guardando alla vita come sopravvivenza, il romanzo ha il ritmo tragicomico di un’epopea picaresca dove il protagonista ne viene combinando di tutti i colori ma rivolge di continuo a se stesso le domande più essenziali: ce la farò a sfangarla e a trovare un lavoro? chi sarà la mia donna? e la rivoluzione, quando scoppia la rivoluzione? Scritto con la felicità inventiva e la cadenza orale che peraltro è tipica della poesia di Di Ruscio, Palmiro ha già avuto lettori d’eccezione come Italo Calvino che ne parla in una lettera come di un fratello del Bardamu di Louis-Ferdinand Céline o del Buon soldato Sc’vèik di Hasek. Il piccolo eroe, infatti, gira a vuoto, continua a non avere né un lavoro né una donna e di rivoluzione neanche se ne parla. Decide dunque di emigrare e prende il treno, così finisce a Oslo a fare l’operaio: è lì che incontra la sua musa-moglie e si inoltra, suo malgrado, nel beato paradiso dei socialdemocratici.

Luigi Di Ruscio (Fermo 1930-Oslo 2011). Emigrato in Norvegia nel 1957. Per quarant’anni ha lavorato a Olso in una fabbrica metallurgica. Ha esordito con la raccolta di versi Non possiamo abituarci a morire (prefazione di Franco Fortini, Schwarz, 1953). La sua produzione poetica prosegue con Le streghe s'arrotano le dentiere (prefazione di Salvatore Quasimodo, Marotta, 1966), Istruzioni per l'uso della repressione (presentazione di Giancarlo Majorino, Savelli, 1980), Firmum (peQuod, 1999), L’ultima raccolta (prefazione di Francesco Leonetti, Manni, 2002), Poesie Operaie (prefazione di Massimo Raffaeli, Ediesse, 2007). Oltre a Palmiro (il lavoro editoriale, 1986, poi Baldini&Castoldi, 1996), in prosa ha pubblicato Le mitologie di Mary (Lietocolle, 2004), Cristi polverizzati (prefazione di Andrea Cortellessa, Le Lettere 2009) e La neve nera di Oslo (Ediesse, 2010).

 

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